Pleonastico: cosa significa e quando si usa il termine?
In grammatica con il termine pleonastico si ci riferisce a un aggettivo che, esattamente come l’etimologia del suo nome, deriva dal greco pleonastikós che letteralmente vuol dire eccesso oppure sovrabbondanza. Questo termine viene utilizzato nell’italiano colto, dove un pleonasto rappresenta una figura retorica che, soprattutto all’interno della prosa e della poesia aiuta l’autore a dare ai propri testi un certo effetto.
Ma che cosa significa pleonastico in italiano? E quando si utilizza questo termine? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Il significato di pleonastico
Quando su utilizza un aggettivo pleonastico si ci riferisce a tutte quelle espressioni, atti oppure comportamenti che vengono considerati inutili, superflui, non necessari ovvero che non aggiungono nulla al contesto e di cui si può fare benissimo a meno. Più precisamente un aggettivo pleonastico, nella grammatica e/o in un contesto concettuale, indica delle parole che vengono considerate sovrabbondati. Generalmente l’aggettivo pleonastico lo si può trovare all’interno di conversazioni colloquiali oppure famigliare, a livello grammaticale anche se i termini utilizzati non sono particolarmente necessari per la comprensione del testo non sono nemmeno considerati sbagliati.
Per fare qualche esempio: entrare dentro, uscire fuori e a me mi piace il gelato sono tutte frasi che al loro interno contengono l’aggettivo pleonastico, ovvero lo sono gli aggettivi dentro e uscire e i complementi di termine a me e mi. Infine per comprendere ancora meglio il significato di pleonastico si possono usare come sinonimi le seguenti parole eccedente, rindondate, non necessario, inutile e superfluo.
Quando si utilizza
Il pleonastico ha come funzione quella di essere un potenziamento espressivo di una frase, quindi il suo utilizzo può avvenire nella forma orale, nella forma scritta oppure all’interno dei romanzi scritti in una forma espressiva di italiano colloquale, dialettale o in ogni caso che si avvicina al molto parlato. Al giorno d’oggi, quindi nell’italiano corrente, sono solo gli oratori che posseggono una cultura medio-alta ad utilizzare l’aggettivo pleonastico quando, nei loro discorsi, si riferiscono a una qualunque azione superflua come ad esempio: a questo punto, il tuo contributo sarebbe pleonastico.
Inoltre questo aggettivo può anche venire utilizzato nelle recitazioni umoristiche, soprattutto quando l’autore che si occupa di redigere il testo teatrale è intenzionato a evidenziare un sentimento specifico, uno stato d’animo oppure una situazione e/o un’affermazione. Di contro non è consigliabile utilizzare un pleonastico nel linguaggio formale scritto oppure in tutte quelle comunicazioni che sono comprese all’interno dell’ambito lavorativo, infatti in questo caso è sempre meglio che il testo risulti il più chiaro, essenziale ed efficiente possibile.